Lombok, cosí vicina alla caotica Bali, cosí lontana per tradizioni, paesaggi, religione e chi piú ne ha piú ne metta.
30 minuti di aereo o 5 ore di traghetto, almeno 100 anni di sviluppo differenziano queste due isole.
La prima volta che sono stato in Indonesia, l’isola di Lombok, meta che mi ero prefisso di surfare, mi era stata descritta con aggettivi Lovcraftiani (da H.P.Lovecraft, scrittore americano di fine Ottocento maestro della letteratura horror odierna). La mitica divinitá di Cthulhu, blasfema e mostruosa, sembrava aspettarmi nelle profonditá dell’isola per inghiottirmi in abissi infiniti con i suoi artigli deformi.
Malaria, terroristi, disgrazie era ció che tutti gli abitanti balinesi, nativi o importati, mi assicuravano attendermi a braccia aperte qualora avessi deciso di intraprendere questa avventura.
Dopo una settimana di tubi presi… ma ahimé da gente piú forte di me nella difficile onda di Bingin… decisi di farmi coraggio e partire per questa avventura con la mia dolce metá e compagna d’avventura.
Tappa di rigore le isole Gili, famose per il reef popolato da ogni sorta di pesce ma soprattutto per il fatto che sono abbandonate a loro stesse dalla polizia, permettendo ogni sorta di illegalitá mondana. Una specie di paradiso hippy indonesiano.
Non che andassimo per trovare eccessi, ma ad accoglierci sull’isola un plotone di poliziotti che per la prima volta nella storia delle Gili, effettuavano una retata radendo al suolo ogni forma di abusivitá. Strutture alberghiere costruite senza permessi, bar, ristornanti e spacciatori…. tutti in un cumulo di macerie. Tutto comunque nel completo rispetto del turista e soprattutto mio, che con grande fortuna trovai la mareggiata del secolo. Una destra ripida e veloce.
Ma come al solito sto divagandomi un po’ troppo sull’argomento da trattare: LOMBOK e l’ultimo viaggio. Riassumiamo quindi il primo impatto che ebbi con la LOMBOK di allora: un paradiso inesplorato popolato da una razza con tratti somatici piú duri rispetto ai vicini balinesi ma con un cuore caldo ed una accoglienza degna di lode. Onde perfette e cristalline senza la ressa che se le contende. Spiagge incantevoli con qualche pescatore qua e lá, che ti fanno riflettere sul buttarsi in acqua soli in condizioni perfette subito o attendere un po’ per combattere il timore reverenziale che invade l’essere, in una sorta di contemplazione dell’universo sconosciuto, affascinante ma allo stesso tempo potente e forse da temere .
Negli anni passati da allora, tale paradiso non ha subito molte modifiche, l’ha reso lievemente piú accogliente per i turisti ed i surfisti proponendo loro alloggi e ristorantini di ogni sorta, ma nel rispetto della natura (e vediamo per quanti anni ancora). Rispetto non dovuto alla popolazione locale che ahimé non ha una benché minima cultura ecologica, come del resto la maggior parte dei paesi del terzo mondo, ma alla mancanza di investitori, che continuano a sfruttare la vicina e splendida Bali in catastrofiche distruzioni all’inseguimento della ricchezza.
Ed eccoci al presente finalmente: un viaggio per effettuare un photo shooting con soggetto un young gun italiano.
Massimiliano Spolverini, Roma, grande amico di Roberto D’Amico e Leonardo Fioravanti.
Visto crescere come persona e come surfista. Dal grassottello ma carinissimo quattordicenne portatomi in Spagna insieme al team QUIKSILVER dal produttore del DVD “Are you ready?”, uno dei primi filmati italiani con un certo spessore, al completo surfista e ventenne maturo con il quale sono in grado di intrattenere discorsi di ogni genere, dal business alla politica (hahaha, quest’ultima tralasciamola per favore, hahahah), dalle feste alla cultura. Giovane con forte spirito imprenditoriale e mille idee, ma concentrato attualmente sulla sua crescita surfistica, crescita che negli ultimi 4 anni l’ha visto sviluppare potenza e radicalitá, in ogni genere di condizione, e senza paura di affrontare le grandi onde (e parliamo di misure oceaniche non Italiane). Crescita che gli ha portato a casa qualche trofeo e fatto partecipare al remake del film POINT BREAK come comparsa insieme a Laird Hamilton.
Da essere rifiutato nel nostro team SURFtoLIVE il primo anno, a divenire uno dei pupilli di tale grande famiglia.
Ed a Lombok nelle due settimane di shooting ci siamo spostati nei numerosi spot del sud, dove avevamo un comodo campo base. Seguendo le nozioni ormai apprese negli anni di visite all’isola ed inseguendo uno swell meno grande di quanto speravamo, ci siamo ritrovati in acqua a volte soli, a volte circondati da mille ma amichevoli locals. Entusiasmati dai continui air reverse di Max, é presto divenuto loro esempio da imitare, dentro e fuori dall’acqua.
Numerosi i personaggi conosciuti durante la nostra permanenza. Dal “capitano” della canoa a motore che ci portava in alcuni spot impossibili da raggiungere a nuoto o via terra, Jerry, di 14 anni ma con una esperienza del mezzo maggiore di numerosi Schettini nostrani. Sostituiva con orgoglio il suo superiore Effan, nostra guida storica conosciuta nel primo viaggio, la cui vita da ventenne musicista rock lo vedeva perso tra una festa ed un’altra, tra alcol (che sull’isola non manca nonostante la religione islamica, praticata con trascuranza) e chissá cos’altro.
Minatori australiani che alternavano settimane di piccone nei profondi ed oscuri tunnel del loro paese, a surfate in acque cristalline accecati dal caldo sole indonesiano.
Rasta tedeschi che preferivano dormire nelle bianche spiagge locali, probabilmente non consci dei vari possibili pericoli (vedi serpenti etc, etc) piuttosto che essere assorbiti dalla loro societá e magari ritrovarsi 10 ore al giorno dietro un computer in qualche freddo e asettico ufficio della Baviera.
Personaggi nostrani mai contenti del loro stato, sempre pronti a lamentarsi del caldo, delle onde o di qualsivoglia altro dettaglio. Mostri creati dalla nostra societá di comoditá continue e di bambagia, personaggi che non riescono a liberarsi dalle proprie sofferenze e che se le portano ovunque appresso, creature che vedranno la luce solo se accolti dal Signore.
Bambini del posto costretti a lavorare vendendo braccialetti per portare avanti la famiglia, che affrontano il loro lavoro come un gioco innocente.
Altri bambini e ragazzini che si tuffano in mare tutto il giorno e giocano tra le onde con tavole improvvisate ricavate da resti di altre tavole lasciate dai turisti o trovate sulla spiaggia dopo potenti mareggiate. Con uno stile invidiabile da molti altri occidentali che si preoccupano solo di avere il materiale alla moda, i sorrisi e l’allegria tra una curva ed un’altra sono la caratteristica che ci colpisce principalmente di loro.
Insomma: il mondo é bello perché é vario e conoscerlo ci riempie sempre di piú e ci fa capire come siamo fortunati.
Finite le nostre birre Bahumer, portate dall’Italia per allietare lo shooting, é il momento delle Bintang, che ci fa apprezzare ancor piú i sapori locali. Spezie, frutti di mare, pesci di ogni colore e sapore ci sostentano in queste settimane di bel tempo.
Onde variabili dal metro ai due ci allietano le giornate, giornate nelle quali l’amicizia tra me e Max si é stretta in un rapporto sempre piú fraterno.
Scimmie che attaccano Max che furbamente cercava di imitare le loro grida, fiducioso di poter fugggire grazie alla velocitá del motorino, motorino ribaltato in un cespuglio fuori strada.
Serpente marino mortale (in teoria la bocca é tanto piccola che non riesce a mordere l’uomo… ma vatti a fidare considerando che il veleno blocca ogni apparato incluso i polmoni entro 30 minuti) che prova a salire sulla nostra barca.
Credenze religiose che organizzano una bevuta di acqua mescolata con terra di cimitero per scovare un possibile ladro. Colui che ha peccato e berrá questa acqua morirá entro 24 ore. E la maledizione colpirá 7 generazioni successive a tale peccatore.
Motorini che ci lasciano a metá di pendii piú ripidi di qualsiasi pista nera abbiate visto in vita.
Motori di barche che non accennano a partire all’approssimarsi di un set di onde enormi fuori serie.
Questi e molti altri gli aneddoti che potrei stare a raccontarvi per giornate. Ma il mio suggerimento é partire e provare il tutto sulla propria pelle (tranne i morsi dei serpenti, ahah).
Orazio peró disse: “Chi passa i mari muta il Cielo, non l’anima.”
Il mio consiglio é quindi: Siate felici per quel che siete ed avete poiché nel mondo c’e’ tanta gente che sta male veramente… e viaggiate il piú possibile…ma con tale nozione nel profondo di voi stessi. Ogni istante va vissuto nel pieno della propia felicitá. Oggi ci siamo, domani chissá.
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